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Da Avvenire - 20/03/2016

Emanuela Baio:  "Va salvaguardato il diritto al papà e alla mamma. Sul resto si può discutere"

Dieci anni fa relatrice della legge sull'affido condiviso. Ora dice: si elimini la burocrazia, e si ripristini l'equità. Ma i principi restino.

"Tutta la nostra legislazione sulla famiglia e sui minori parte da un presupposto irrinunciabile: riconosce il diritto naturale del figlio a vivere con la mamma e con il papà. Su tutto il resto si può discutere. Su questo punto, no". Ne è convinta Emanuela Baio, già deputata e senatrice, prima nella margherita, poi nel Pd e infine in Alleanza per l'Italia. Oggi non è più in Parlamento, ma la sua esperienza come relatrice della legge - n. 54 del 2006 - che dieci anni fa introdusse l'affido condiviso un Italia, le consente di esprimere una valutazione sul cammino di questi anni.

"Cosa salverei di questa legge? Il principio fondamentale della bigenitorialità. Per il resto io stessa ammetto che siamo di fronte a una delusione profonda". Prima del 2006, il 93% dei minori al momento della separazione, veniva affidato alla madre. Oggi l'affido condiviso è spesso solo una scelta formale, visto che la madre continua a essere in 9 casi su 10 il genitore collocatario. "Non va bene. Dobbiamo andare oltre - osserva Baio - prendendo spunto per esempio dalla legislazione francese in cui al bambino viene assegnata una doppia resindeza, quella della madre e quella del padre, partendo dal presupposto che il piccolo abbia bisogno di stare, con tempi equamente stabiliti, con entrambi i genitori". Certo, quando la realtà costringe a scelte diverse - ad esempio genitori residenti in due città - il giudice dovrebbe decidere in modo saggio, evitando di prendere decisioni univoche.

Stesso principio che, per la Baio, andrebbe applicato alla riforma della legge sulle adozioni del 1983, che "oggi genera una burocrazia assura, con costi pesantissimi per i genitori. Anche in questo caso il principio da cui era partito il legislatore era lodevole: ricreare le condizioni perché il minore potesse crescere un una madre e un padre. Adesso anche in questo caso occorre andare oltre. E non potrà essere la modifica dell'articolo 44, come previsto dal ddl Cirinnà, con l'introduzione della stepchild adoption, a risolvere la situazione". Su questo aspetto il no di Emanuela Baio è deciso: "La ribellione largamente percepita in tutti gli strati sociali sulla possibilità di aprire all'adozione per le coppie gay non è casuale. E' una scelta che contraddice il diritto naturale su cui si fanda tutta la nostra legislazione civilistica. Quel principio, che è il punto portante del diritto sulla famiglia e sul minore, non può essere stravolto. Anche perché, se si apre questo spiraglio - conclude - c'è il rischio della commercializzazione del corpo della donna e la mercificazione del bambino. E su questo punto, da donna e mamma, la mia opposizione sarà sempre assoluta".

Luciano Mola

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